Angelo Bagossi e il suo ruolo di preside

Angelo Bagossi, preside da quattro anni presso la Scuola secondaria di primo grado e il liceo
scientifico digitale padre Giovanni Bonsignori, ci parla attraverso alcune domande della sua
esperienza e del suo ruolo di preside.

1. Qual è stato il suo percorso di studi?

Al termine del liceo ho intrapreso la facoltà di Pedagogia, perché il mondo dell’educazione mi ha
sempre affascinato.

2. Cosa l’ha convinta a fare questo tipo ti scelta?

Determinante in questa scelta è stata l’esperienza associativa dell’Azione Cattolica.

3. Ha sempre pensato di fare questo lavoro?

Ricordo che nel periodo della scuola media vedevo la figura dell’insegnante come qualcosa di
irraggiungibile, senza sapere bene il perché. L’idea è poi maturata negli anni della scuola superiore.
Per un certo periodo ho sentito molto forte il desiderio di arrivare a calpestare l’erba di uno stadio di
serie A, in quanto il calcio è sempre stata una grande passione, ma l’impegno e l’interesse nello
studio non mi hanno portato a fare il passo in quella direzione.

4. Insegna qualche materia all’interno del suo istituto?

Sì, quest’anno insegno Lettere alla classe terza del liceo scientifico.

5. Perché ha deciso di diventare preside?

Non è stata una scelta che ho maturato da solo. Nel 2005 padre Francesco Ferrari, direttore dell’istituto Artigianelli, mi ha chiamato per comunicarmi che la Congregazione aveva pensato a me per ricoprire l’incarico di presidenza dell’istituto tecnico. La sua proposta è stata una sorpresa e allo stesso tempo una profonda gratificazione.

6. Da quanti anni fa il preside?

Tredici anni.

7. In quali istituti è stato preside?

Ho iniziato all’istituto Tecnico Informatico Artigianelli e dal 2007 ho assunto anche la direzione dell’istituto Piamarta. Da quattro anni sono preside alla Scuola secondaria di primo grado e al liceo scientifico digitale padre Giovanni Bonsignori.

8. Per lei è stato difficile il passaggio da una scuola all’altra?

Ogni passaggio porta nuove sfide e necessariamente dei cambiamenti che richiedono tempo e discernimento. Trovare al Bonsignori il carisma piamartino vivo e vissuto mi ha permesso di condividere da subito e con entusiasmo quei valori che mi hanno fatto innamorare della vocazione e professione educativa.

9. Come si sente a essere preside?

È una grande soddisfazione, un bel “traguardo”, ma non un arrivo perché le sfide da affrontare sono
tante e impegnative. La scelta di prendere questo incarico ha cambiato in parte la mia vita
personale, perché la voglia di farlo nel miglior modo possibile mi ha portato ad alcune rinunce, e
familiare, perché il tempo per le tante necessità della scuola non è mai abbastanza e di frequente,
anche quando sono a casa, mi ritrovo a pensare ad attività o scadenze.
Essere preside è effettivamente un’esperienza che forgia il carattere e lo spirito e avere al proprio
fianco persone che credono fortemente nella nostra scuola e nel lavoro che svolgiamo è di grande
aiuto.

10. Secondo lei quali sarebbero le caratteristiche che dovrebbe avere la scuola perfetta?

Non credo possa esistere una scuola perfetta, ma credo nella scuola che non smette mai di mettersi
in gioco, che cerca il confronto, che difende e coltiva con pazienza determinati valori; credo nella
scuola che non ha paura di parlare ai giovani di Dio, che accompagna i ragazzi ad essere
protagonisti della loro vita nel rispetto delle regole, che tiene desta una sana curiosità attraverso la
tradizione e l’innovazione.

11. Se potesse cambiare all’istante 3 cose della scuola cosa cambierebbe?

Per prima cosa cambierei la politica che lo stato italiano ha nei confronti della scuola paritaria e
approverei il costo standard di sostenibilità per garantire la libertà di scelta educativa, poi costruirei
una struttura polivalente per attività di teatro, danza, concerti. Infine cambierei il distributore
automatico: metterei quello con il caffè al ginseng, ovviamente scherzo!

12. Che rapporti ha con gli alunni di quest’istituto?

Penso che i rapporti con i miei alunni siano giusti, li stimo e faccio il tifo per loro; cerco di non
mancare loro di rispetto e allo stesso tempo di spronarli a puntare in alto, perché nella vita i “se” e i
“ma” sono la patente dei falliti. Mi dicono spesso che sono giovane e mi sento così, stare con i
ragazzi mantiene giovani.

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