La serie inizia nel momento in cui le cassette di Hannah vengono depositate sulla porta di casa di Clay Jensen, l’unico ragazzo rimasto a doverle ascoltare. Tutto ciò che scopre Clay ascoltando le cassette, ci viene mostrato attraverso scene di fatti accaduti ad Hannah quando ancora era in vita che pian piano ci permettono di ricostruire il puzzle contorto della vicenda, cosa che risulta abbastanza difficile dal momento che l’ordine cronologico dei fatti è continuamente interrotto per dar spazio ad anticipazioni o rievocazioni di eventi precedenti. Tale espediente oltre che confondere le idee mantiene alta la nostra partecipazione dall’inizio alla fine invogliandoci a proseguire la serie.
Certamente si parla di un tema molto serio e controverso, comprensibile in questo caso dalla profonda analisi psicologica che si svolge sul personaggio principale, Hannah Baker. Il regista riesce infatti a coinvolgere il pubblico a compatire il personaggio dell’adolescente, riuscendo a delineare il conflitto interiore che anima la stessa. Visibili la sofferenza, il non sentirsi accettati dalla società, il sentirsi sbagliati, inadeguati e i tentativi vani di uniformarsi con la massa. Si può osservare come azioni apparentemente innocue possano colpire nel segno le fragilità di una persona fino a indurla a pensare di non essere degna della propria vita e di non aver più nulla da perdere.
Per concludere, nonostante questa serie tv sia stata soggetto di discussioni e critiche, essa tratta un tema radicato nella nostra società in un modo molto realistico e con un linguaggio diretto soprattutto ai giovani. Di conseguenza, la visione della serie è caldamente consigliata, poichè oltre ad essere ben realizzata dal punto di vista cinematografico, offre svariati spunti di riflessione sull’importanza della vita, sul dramma che causa un suicidio alle persone vicine a colui che compie tale gesto, sulla pericolosità di “giocare” con i sentimenti altrui e sulla superficialità che spesso anima la nostra società.