Marco Cortesi e Mara Moschini, due toccanti interpreti di una pagina della nostra Storia

Marco Cortesi e Mara Moschini sono i due ideatori dello spettacolo “Die Mauer, Il Muro”, quattro storie di coraggio e di libertà.

 

Da cosa è nata l’idea dello spettacolo “Die Mauer, Il Muro” ?

L’idea dello spettacolo sul muro di Berlino è nata guardandosi un po’ attorno. Penso che spesso succeda così per qualsiasi forma artistica, che sia la composizione di un quadro o la scrittura di una canzone. In effetti i confini, le separazioni fra popoli, la volontà di molti di tenere lontani gli altri sono temi che rimangono tuttora molto attuali. Che cosa rappresentano queste barriere che sembrano essere quasi di moda oggi ? Così abbiamo deciso di indagare quello che era il muro più vicino a noi geograficamente e storicamente anche se fortunatamente oggi il muro di Berlino non esiste più. Ci sono comunque molte tracce di quella che è stata la sua storia. Per questo abbiamo deciso di raccontare del muro che secondo noi rappresentava un po’ tutti i muri.

Qual è il messaggio che volete trasmettere con questo spettacolo ?

Inizialmente forse il messaggio che pensavamo di raccontare con lo spettacolo era legato ai muri oggi, alla volontà di tenerci separati, di tenere lontani gli altri. Andando poi a Berlino e ascoltando le testimonianze ci siamo resi conto che quel muro in quella città rappresentava qualcosa di più intimo, qualcosa di più profondo e personale. Il muro di Berlino era la prova fisica, la testimonianza del limite alla propria libertà, la libertà di essere sè stessi. Un valore che oggi noi diamo quasi per scontato e che spesso non viviamo nella sua pienezza perché fortunatamente siamo persone libere. Molte volte, però, costruiamo un muro dentro di noi che ci impedisce di realizzare davvero noi stessi e quelli che sono i nostri sogni o le nostre ambizioni. Ѐ molto triste, nel senso che quel muro non esiste veramente, non abbiamo quel limite fisico che ci costringerebbe ad affrontarlo e a rischiare la nostra vita. Nonostante ciò, spesso impediamo a noi stessi di essere liberi per paura o per condizionamenti di qualsiasi genere. Questo è l’invito che noi facciamo alla fine, riflettere sulle potenzialità che abbiamo e sul fatto che tante volte ci nascondiamo dietro a scuse, paure e timori per non essere pienamente noi stessi e quindi pienamente felici.

Due anni di ricerca e di raccolta non sono certamente un periodo breve. Avete mai pensato di abbandonare e rinunciare alla realizzazione dello spettacolo ?

Due anni di ricerca e raccolta in effetti è un periodo non breve. Devo dire, però, che non ci è mai capitato in nessun momento di abbandonare il progetto. Anzi, ogni passo fatto in avanti, ogni passo di approfondimento era motivo di eccitazione e di voglia di proseguire. La storia del muro di Berlino ci affascina davvero tanto. È un periodo storico molto complesso che vede in gioco il discorso della Guerra Fredda e della Stasi. Ci sono davvero tantissimi aspetti che hanno attirato la nostra attenzione. Tutto è iniziato a casa nostra, quando abbiamo pensato a uno spettacolo sul muro di Berlino. Il primo passo che è stato comprare una pila altissima di libri su quel periodo storico e cominciare a leggerli e a guardare film. Poi c’è stato un primo viaggio due anni fa a Capodanno, in pausa dagli spettacoli teatrali e dai vari progetti già in corso. Abbiamo così iniziato a indagare quello che rimane del muro oggi, l’atmosfera della città anche tra Berlino est e Berlino ovest. Un secondo viaggio ci ha portato nuovamente a Berlino per incontrare i testimoni, sicuramente la fase più emozionante di tutto il processo. Ci si rende conto che tutto quello che è sui libri è reale, la gente lo ha vissuto. Percepisci le emozioni, la tristezza, la gioia. È veramente quello il momento durante il quale riesci a capire il vero messaggio dello spettacolo. In realtà, forse, noi siamo solamente interpreti di voci e di testimoni. Loro ci hanno raccontato quello che poi sarebbe stato il messaggio finale, il cuore dello spettacolo. Un ulteriore viaggio ci ha portato a Berlino perché volevamo scrivere il testo proprio in quella città. Uscire, passeggiare nelle strade di Berlino est e assaporare ogni giorno l’atmosfera di quel luogo.

Comunque non abbiamo mai pensato di rinunciare, anzi è un lavoro che ci appassiona tanto e una strada che siamo davvero contenti di avere intrapreso.

Qual è il momento più emozionante nell’elaborazione di una rappresentazione ? La ricerca delle informazioni, la stesura o la messa in scena ?

Credo che siano due i momenti più emozionanti all’interno della creazione di uno spettacolo teatrale. Uno è sicuramente il momento dell’incontro con i testimoni, in assoluto un incontro di verità durante il quale la Storia si stacca dalle pagine dei libri e diventa come tridimensionale davanti ai tuoi occhi. La percepisci in maniera molto potente attraverso le emozioni di chi era lì, di chi si è trovato di fronte quella barriera invalicabile, di chi ha tentato il tutto per tutto per tutto per passare dall’altra parte. Scopri davvero qual è la spinta intima che ti porta a rischiare la vita per andare oltre. È fonte di grande emozione, un bellissimo incontro con la Storia. Le testimonianze sicuramente rappresentano un momento cruciale in cui si definisce anche quello che sarà il cuore dello spettacolo. Ci sono tante domande alle quali difficilmente si trova risposta sui libri. Queste scaturiscono, invece, proprio dalle parole, semplicemente ascoltando le emozioni e percependo quello che loro hanno vissuto.

 

Un altro momento fortemente emozionante è sicuramente la messa in scena. Sono novanta minuti in cui si concentra il lavoro di mesi e mesi. Si concentrano le ricerche, le emozioni, le storie, l’incontro con i testimoni e ancora le lacrime, la paura e la felicità. È un momento di condivisione durante il quale noi speriamo che il lavoro fatto e quello che per noi è risultato essere importante possa esserlo anche per il pubblico. C’è questo desiderio di condividere un valore, un ideale e speriamo che sia davvero così. La risposta del pubblico è stata finora particolarmente positiva. Molte persone si avvicinano con gli occhi lucidi e questo è gratificante. È bello sapere di poter condividere qualcosa di importante.

Qual è la testimonianza che più vi ha colpito o che più avete fatto vostra tra quelle che avete raccolto ?

La storia che ci ha colpito di più è quella di Peter Feshter. La storia di un ragazzo di 18 anni che nel 1962, a un anno dalla costruzione del muro, tentò di scavalcarlo e di raggiungere la libertà. Ѐ una storia che personalmente non abbiamo potuto raccogliere perchè è una di quelle persone che rimane vittima del muro. È però una storia straordinaria. Ci si chiede come a 18 anni si possa rischiare la vita per la Libertà. La gente sapeva che al muro sparavano e nonostante questo lui considerava la propria libertà qualcosa di così grande per la quale valesse la pena rischiare la propria vita. Penso sia un grande gesto di coraggio verso sè stessi. Provo un’enorme stima per questo ragazzo e per chi come lui tentò comunque di raggiungere l’altra parte, quella della libertà. Certi possono considerarlo uno stupido. Noi abbiamo incontrato anche tante persone che ci dicevano che a est non si stava tanto male. Il partito pensava agli studi, alla casa, al lavoro; bisogna, però, chiedersi qual era il prezzo da pagare per tutto questo. C’erano persone che non erano disposte a scendere a compromessi, persone per cui la propria libertà e i propri sogni avevano un valore superiore alla vita stessa. Guardo la foto di Peter e così mi chiedo quanto coraggio questo ragazzo abbia dimostrato.

Cosa vi dà più soddisfazione nel vostro lavoro ?

Abbiamo scelto il lavoro che sicuramente amiamo e che ci regala tante soddisfazioni. Tuttavia è un lavoro che richiede anche molta fatica. Siamo spesso fuori casa ed è difficile mantenere e coltivare le amicizie che abbiamo nella nostra città. Dormiamo sempre in un letto differente e a volte i ritmi sono davvero stancanti. C’è un momento in particolare che, come una spugna, cancella tutta la fatica e sicuramente è la fine dello spettacolo, soprattutto quando lo replichiamo per i ragazzi. Si avvicinano con gli occhi tutti lucidi raccontandoci che lo spettacolo li ha molto emozionati. La settimana scorsa eravamo a Cles un ragazzo si è avvicinato dicendoci che lo spettacolo lo aveva colpito moltissimo e poi è scoppiato a piangere. È stato bellissimo. A parte questi momenti particolari che commuovono anche noi ci rendiamo conto che le storie che ci hanno emozionato e che sono state importanti per noi lo sono anche per gli altri. Davvero alla fine dello spettacolo c’è questo momento di condivisione in cui ci si trova uniti con la volontà di essere più consapevoli, più maturi e predisposti a un mondo migliore. Ci si sente parte di una community di persone che hanno un sogno grande che possa davvero portare a tutti pace e libertà.

È impegnativo riuscire a catturare l’attenzione e l’interesse , soprattutto dei più giovani, senza una scenografia o altri artifici, ma solo attraverso la forza dei gesti e delle parole ?

Inizialmente la scelta di avere una messa in scena così semplice era dettata da un’esigenza logistica. Volevamo uno spettacolo capace di essere replicato ovunque, in parrocchie, in scuole, in sale comunali, in teatro. Chiunque avesse voluto organizzarne una replica avrebbe potuto farlo. Ci siamo resi conto poi col tempo che l’assenza di scenografie e di immagini proiettate rendeva ancora più potenti le storie. In questo modo entra in campo l’immaginazione personale di ogni spettatore. Ognuno immagina la storia magari con i propri ricordi o con le proprie esperienze e quindi tutto diventa molto più potente e personale per chiunque l’ascolti. Oltre a questo c’è sicuramente il fatto che noi raccontiamo storie reali e veramente accadute e questo, chiaramente, non può non essere considerato. Lo spettatore lo sa, i ragazzi lo sanno e quindi quando si porta una storia reale il coinvolgimento è da subito molto più profondo, molto più diretto.

 

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