Alberto Scandolara e l’amore per l’educazione dei giovani.

Alberto Scandolara, direttore da tredici anni presso il Centro di Formazione Professionale di Remedello, ci parla attraverso alcune domande della sua esperienza e del suo ruolo di direttore.

Qual è stato il suo percorso di studi?

Ho frequentato l’Istituto Tecnico Agrario Bonsignori di Remedello. Successivamente mi sono iscritto alla Facoltà di Economia e Commercio di Parma e mi sono laureato con una tesi di Laurea in Economia e Politica Agraria sui mercati e sulle strutture agricole nei 6 Paesi Membri (allora erano solo 6).

Chi o cosa l’ha convinta a fare questa scelta?

La scelta della scuola superiore e anche dell’Università sono state dettate, la prima dalla vicinanza fisica alla mia residenza e la seconda dalla maggiore opportunità di inserimento nel mondo della scuola che questa laurea offriva, vista la mia vocazione innata all’insegnamento.

Quando e perché ha iniziato a pensare di fare questo lavoro?

Agli inizi mi è stato offerto un posto di lavoro nella Cassa Rurale del mio paese e ho iniziato la mia carriera lavorativa. Pur essendo un impiego ben remunerato, non mi bastava e  non avrei certo voluto svolgerlo per l’intera mia vita, pertanto ho sempre cercato l’opportunità di inserirmi in una scuola; opportunità che ho avuto nel 1985 presso il Centro di Formazione Professionale ” Bonsignori ” e che continuo tuttora. Quando mi sono licenziato dalla banca qualche persona ha detto che ero matto, io sapevo bene quello che facevo e non mi sono mai pentito della scelta compiuta.

Insegna qualche materia all’interno del suo istituto?

Ho insegnato sino agli anni 1998/99 circa,  discipline economiche, giuridiche e amministrative.

Da quanti anni è direttore?

Sono direttore del Centro Bonsignori dall’anno 2006.

In quali e quanti istituti è stato direttore?

Sono stato direttore solo in questo C.F.P.

Come ci si sente ad essere direttore? C’è molta responsabilità?

I primi giorni in cui ricoprivo il compito di direttore mi mettevo ai piedi dello scalone di ingresso/uscita e salutavo e controllavo gli allievi che al suono della campanella uscivano come un fiume umano in piena.

E questo fiume di ragazzi e ragazze non finiva più … e la preoccupazione mi terrorizzava.

Poi piano piano ho cominciato a fidarmi dei miei allievi, e quindi a pensare che non mi dovevo preoccupare in modo ossessivo, ma che potevo condividere con loro e con i loro formatori la responsabilità della crescita, dell’educazione, della vita.

 La vita di un preside diventa “esclusiva”, cioè un preside ha sempre in testa i suoi allievi, le loro famiglie con i problemi e le fragilità di oggi, la preparazione professionale, ma anche gli insegnanti che sono sempre persone che necessitano di sostegno, di incoraggiamento, di indirizzo.

A casa ho gli elenchi  e i numeri telefonici di tutti gli allievi, tanti di loro così come tanti genitori hanno il mio numero di cellulare.

Un preside è sempre in servizio, almeno può sempre rispondere al telefono per qualsiasi necessità.

 

Secondo lei quali sarebbero le caratteristiche che dovrebbe avere la scuola perfetta?

A mio avviso la scuola dovrebbe essere una “seconda casa” dove insegnanti, allievi, preside, personale ausiliario e di segreteria, padri religiosi, ognuno con le proprie competenze, capacità, attitudini e sensibilità, ruoli e responsabilità, cercano di volersi bene e cercano il bene dell’altro.

Per un allievo il suo bene riguarda principalmente la crescita e lo sviluppo integrale delle sue attitudini, da quelle fisiche e corporee a quelle intellettive, sentimentali ed emotive, in un ambiente dove l’apprendimento diventa piacevole perché “siamo fatti per imparare” e dove si innesca quel meccanismo propulsivo che è la stima che l’adulto ha verso l’allievo e di conseguenza l’autostima che l’allievo matura verso di sé.

Se ne avesse la possibilità cambierebbe qualcosa all’interno della sua scuola?

Toglierei la mole di lavoro richiesta dalla burocrazia e dai controlli amministrativi che rubano spazi da dedicare alla relazione con gli allievi, con le loro famiglie e con gli insegnanti.

Che rapporti ha con gli alunni di questo istituto?

Credo di avere un buon rapporto con i miei allievi. In genere conosco più approfonditamente chi, a scuola, ha problemi e genera delle difficoltà.

In genere cerco sempre di ascoltare e di non giudicare. Cerco di mettermi nei panni del ragazzo o della ragazza che ho di fronte, di ragionare con la sua testa e col suo cuore per quanto mi sia possibile; cerco di immedesimarmi nella sua condizione familiare e sociale.

Tengo separata la persona dall’eventuale errore che commette, così il giudizio va sempre sull’azione e non sull’uomo; è una questione fondamentale.

Questo non vuol dire non dare punizioni. Vuol dire solo non dare giudizi definitivi, cercare di non perdere il controllo, di vedere sempre in ogni situazione il pizzico di buono che c’è, di rilanciare sempre la fiducia.

La punizione è il prezzo da pagare per riconquistare la dignità del posto che occupo all’interno della scuola, non deve essere mai una sorta di vendetta.

Credo molto nell’affermazione che non esistono ” vite povere ” bensì esistono ” modi di guardare poveri ” che purtroppo , a lungo andare , creano  delle vite povere.

 

Mi capita di incontrare ex alunni del Centro di Formazione Professionale di Remedello, che ricordano Alberto Scandolara con affetto e ammirazione. Questo significa che tutto l’impegno e la dedizione profusi sia come insegnante che come direttore, hanno dato i loro frutti. Grazie Alberto.

 

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