Il karate raccontato da Camilla Tomaselli

Camilla Tomaselli è una ragazza di diciotto anni che pratica karate ormai da molto
tempo. Attraverso alcune domande ci parlerà del karate e della sua esperienza ai
nazionali.

Da quanto tempo pratichi questo sport?
Ho iniziato a fare karate nel 2007.

Quante volte a settimana ti alleni?
Mi alleno tre\quattro volte a settimana.

Da cosa e quando è nata questa passione?
Ho scoperto il karate durante un progetto a scuola e all’inizio per me era
semplicemente un passatempo, ora invece è una parte fondamentale della mia vita.

Dove pratichi questo sport?
Ho iniziato ad allenarmi a Isorella e ora invece a Leno.

Quando hai affrontato la tua prima gara?
La mia prima gara è stata nel maggio del 2009 a Casalmaggiore dove sono
arrivata terza.

Che emozioni hai provato?
Mi ricordo che avevo molta paura di non ricordarmi il kata ma alla fine non è
andata male.

Questo sport ti ha permesso di andare in città diverse?
Mi ha fatto girare tutti i principali palazzetti d’Italia e gran parte di quelli europei,
per esempio a Postojna in Slovenia dove io e la mia squadra siamo arrivate prime
e in Croazia dove invece siamo state battute dalla nazionale Serba. Purtroppo
non sono ancora riuscita fare gare fuori dall’Europa perché dovrei perdere troppi
giorni di scuola e perché sarebbero gare molto difficili.

Quali sono le regole base di questo sport?
In realtà non ci sono delle vere e proprie regole di base come potrebbero avere altri
sport come, per esempio, il calcio. Questo è dovuto soprattutto al fatto che il karate è
diventato uno sport da competizione solo recentemente, infatti, esistono praticanti di
karate tradizionale e di karate sportivo, che quindi partecipano alle gare. Comunque
rimane la regola che il karateka utilizza il karate solo per difendersi e le tecniche
devono arrivare a contatto in modo controllato. Sicuramente fondamentale nel karate
è il rispetto, ogni allenamento inizia e finisce con il saluto che è un modo per ringraziare
chi si allena con te permettendoti di migliorare, come anche ogni prestazione in gara
dove il saluto è sia verso gli avversari che verso gli arbitri.

In che cosa consiste il karate sportivo?
Il karate sportivo si divide in kumite, ovvero il combattimento e il kata che consiste in
un combattimento verso un avversario immaginario attraverso una serie di tecniche
stabilite che nella specialità a squadre devono essere fatte in modo sincronizzato
rendendole belle da vedere ma comunque efficaci. Le squadre sono composte da 3
atleti, nella nostra siamo io, Francesca e Alice.

Come si svolge una gara di kata a squadre?
Le squadre vengono divise in coppie che si scontrano facendo il kata prima una e poi l’altra davanti a 5 arbitri. Alla fine delle
prestazioni di entrambe, gli arbitri per alzata di bandierina votano la squadra vincente.
Nella specialità a squadre oltre alla tecnica, che deve essere elegante ma comunque
efficace, alla prestazione atletica e all’espressività incide soprattutto la sincronia dei tre
atleti. Per le finali 1/2 posto e 3⁄5 posto si aggiunge anche il bunkai che è l’applicazione
delle tecniche del kata attraverso un combattimento prestabilito.

Come ti trovi con le ragazze della tua squadra?
Molto bene, già dal primo allenamento insieme abbiamo capito che la nostra
squadra avrebbe portato grandi risultati anche se gli ostacoli sono stati tanti
soprattutto dovuti ai nostri caratteri molto chiusi, alla timidezza di conoscerci
poco e alla distanza, infatti Alice è di Bergamo, il che rendeva complicato incontrarci tutti i giorni. Nonostante questo per più di un anno ci siamo allenate
una volta alla settimana mentre quest’estate e nelle settimane precedenti alle
gare quasi tutti giorni.

Qual è stata la vostra prima grande sfida?
La prima grande sfida è arrivata con i campionati regionali il 3 novembre dove siamo
riuscite a conquistare tutti gli arbitri ottenendo l’oro. La gara, come tutte le altre, era
ad eliminazione diretta e consisteva nell’eseguire il kata davanti a 5 arbitri i quali per
alzata di bandierina avrebbero poi votato la squadra migliore.
Quando siamo scese dal
podio eravamo contentissime ma subito abbiamo iniziato a pensare a quello che
ancora dovevamo preparare per gli italiani e dal giorno dopo ci siamo allenate con un
unico obiettivo: tornare a casa con una medaglia al collo.

Recentemente hai gareggiato per il titolo nazionale contro la squadra vice campione
del mondo, ci racconteresti com’è andata?
La settimana della gara sembrava infinita, la voglia di salire sul tatami era tantissima
come anche la paura, perché ci conoscevo e sapevo che uno sguardo o un errore
durante il riscaldamento unito all’ansia avrebbe mandato tutto a rotoli. Sulla carta non
eravamo sicuramente le più forti, infatti c’erano squadre che erano già salite sul podio
gli anni precedenti e soprattutto la squadra della polizia, nella quale gareggiavano le
atlete della nazionale appena tornate dai mondiali di Madrid dove si erano piazzate
terze. Siamo riuscite a passare i vari turni arrivando a scontrarci proprio con loro per il
primo/secondo posto. Ovviamente non avevamo nessuna speranza di batterle ma
volevamo far comunque vedere che anche noi non eravamo male.
Prima che toccasse
a noi l’emozione era fortissima, tutto il palazzetto era in silenzio con gli occhi puntati su
di noi, come anche i 5 arbitri e i vari tecnici della nazionale, per tutte e tre era un sogno
che si stava avverando. Ha iniziato l’altra squadra e nei punti salienti gli applausi non si
sono fatti desiderare e questo ha amplificato l’ansia e la paura di non essere
all’altezza.
Con nostro grande stupore, anche se più timidi inizialmente, gli applausi
sono arrivati anche per noi e questo ci ha dato la carica e la forza di fare ogni tecnica
meglio fregandocene anche della stanchezza. La nostra prestazione anche se non
ottimale è stata molto buona e anche se siamo arrivate seconde abbiamo ricevuto i
complimenti dai tecnici della nazionale, il che è valso tutte le ore di allenamento.

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