Alexandre e Marco: due vite dedicate al rugby

Alexandre Wrubl e Butturini Marco, classe 1998 e 1999, raccontano i loro inizi nel rugby, la vita in accademia, la conciliazione degli allenamenti con lo studio, la lontananza da casa e il loro esordio in nazionale.

 

Come è nata la vostra passione per il rugby? A che età e con che squadra avete iniziato a giocare?

Alexandre: Avevo 6 anni quando mio papà mi ha portato al mio primo allenamento perché anche lui giocava a rugby. Giocava a Genova, mentre io ho iniziato a giocare a Bergamo con la squadra Rugby Bergamo.

Marco: Ho iniziato a 11 anni con la squadra della scuola. Il mio insegnate di ginnastica mi aveva consigliato di provare. Ho provato e mi è piaciuto.

 

La vostra famiglia vi ha sempre sostenuto? Soprattutto nella scelta di vivere lontani da casa?

Alexandre: Sì, la mia famiglia mi ha sempre sostenuto e incoraggiato.

Marco: Sì, anche a me ha sempre sostenuto, nonostante i miei famigliari provassero più sofferenza di me per la lontananza da casa.

In una settimana quante ore dedicate all’allenamento?

Alexandre, Marco: Ci alleniamo 5 giorni a settimana e ogni giorno 3 ore. Poi la domenica c’è la partita.

 

Come riuscite a conciliare il rugby e la scuola?

Alexandre: Non è facile. Bisogna organizzarsi e saper gestire il poco tempo a disposizione. Il pomeriggio abbiamo l’allenamento. Studiamo la sera dalle 18.30 alle 20.00 e poi continuiamo dopo cena.

Marco: È fondamentale riuscire ad organizzarsi e soprattutto quando si studia bisogna concentrarsi e studiare intensamente.

 

Dopo la maturità quali saranno i vostri progetti futuri? Pensate di riuscire a far diventare il rugby il vostro lavoro?

Alexandre: Dopo la maturità andrò all’università anche se non so bene quale facoltà e dove andare. Non frequenterò più l’accademia e ho intenzione di giocare in una squadra del campionato d’eccellenza. Mi piacerebbe far diventare il rugby il mio lavoro, anche se solo con il rugby non ci si riesce a mantenere. Quindi dovrò fare anche un altro lavoro.

Marco: L’anno prossimo sicuramente continuerò l’accademia e inizierò l’università. Sarebbe bello far diventare il rugby il mio lavoro, ma realisticamente parlando potrà essere solamente un aiuto economico per studiare all’università.

 

Cosa vuol dire in termini di sacrificio allenarsi, soprattutto in una accademia nazionale?

Alexandre: Bisogna fare tanti sacrifici soprattutto per stare lontano dalla famiglia, dagli amici e dalla mia città. I sacrifici sono molti, ma vengono ripagati. Gli allenamenti sono molto impegnativi ma faccio tutto ciò perché mi piace, è la mia passione. Tutto questo non lo vedo come un sacrificio troppo grande.

Marco: Non hai mai un tempo libero. Stare lontani da casa, dalla famiglia, dagli amici è un grande sacrificio. Anche se il sacrificio più grande è il fatto che sei sempre stanco, soprattutto dopo una giornata di scuola.

Avete subito qualche infortunio che vi ha fatto pensare di mollare tutto?

Alexandre: Di infortuni ne ho avuti alcuni. In particolare da piccolo mi sono rotto il radio e l’ulna, mentre quest’anno mi sono rotto la caviglia e sono stato fermo per 5 mesi. Gli infortuni fanno comunque parte del percorso.

Marco: Non ne voglio parlare perché sono molto scaramantico.

 

Qual è una partita o momento che vi ricordate in particolare?

Alexandre: La partita che mi ricordo particolarmente è la mia prima partita in nazionale nel 2015 contro la Francia a Mantova. In particolare il momento più emozionante è stato l’inno. Un preciso momento che ti appaga tutto il lavoro che hai fatto.

Marco: L’esordio con la maglia azzurra l’8 aprile 2017 in una partita contro l’Irlanda. Soprattutto i momenti più emozionanti sono cantare l’inno e indossare la maglia azzurra.

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