Con Intercultura tre mesi alla scoperta della Danimarca

Tutto è iniziato nell’agosto 2016 dopo aver visto un servizio di Rai News riguardante gli scambi
interculturali all’estero. Una ragazza di 18 anni raccontava le dinamiche della sua esperienza
proprio in Danimarca. Da quel momento ho iniziato a meditare sull’idea di tentare le selezioni per
accedere ai programmi di scambio dell’associazione Intercultura AFS. Mi sono iscritto a novembre
e dopo aver svolto tutte le procedure necessarie, tra cui anche la compilazione di un fascicolo di
presentazione in inglese, scoprii finalmente a fine gennaio che ero risultato vincitore di un
programma trimestrale in Danimarca. Dopo tanta attesa pareva come il coronamento di molte
speranze. Fu così che iniziarono i vari incontri di formazione per prepararci a ciò che ci aspettava.

7 settembre, ore 07:00

Partimmo in treno da Brescia alla volta di Roma dove si sarebbe tenuto un incontro pre-partenza
con altri studenti di scambio. Pur essendo durata solo un pomeriggio e una serata, dovendo partire il
giorno successivo, fu una bella occasione trovarsi assieme ad altri ragazzi e ragazze che, come me,
avevano intrapreso il mio stesso percorso. Gaia, Francesca, Miriam, Marta e Diletta sarebbero state
le mie compagne di viaggio in Danimarca

8 settembre

La giornata iniziò per molti con una levataccia alle 3:00 per prendere l’aereo, ma fortunatamente
noi diretti in Danimarca potemmo svegliarci a un orario più ragionevole.

All’arrivo al “København Lufthavn” il freddo (a Roma c’erano circa 27 gradi) e il silenzio ci
ricordarono subito che l’Italia era ormai lontana e che la Danimarca sarebbe stata la nostra “casa”
per i tre mesi successivamente. Durante il volo io e le altre studentesse di scambio, Marta, Gaia,
Francesca, Miriam e Diletta continuammo a domandarci tra preoccupazioni e aspettative cosa
sarebbe accaduto nei giorni successivi. Un tempo uggioso e la pioggia ci diedero il benvenuto
appena arrivati come spesso accade nell’autunno danese. Utili e straordinari furono i tre giorni
trascorsi a Copenaghen di “introcamp” per conoscere alcuni dei volontari e gli studenti di scambio
in Danimarca. Stringemmo molte amicizie con ragazzi da tutta Europa e mondo alcune delle quali
durarono per tutti e tre i mesi e ancora oggi.

Uno dei problemi che subito si presenta a un italiano in Danimarca è senza ombra di dubbio la
lingua. Il danese infatti utilizza tre lettere in più, “æ, ø, å” dal suono alquanto impronunciabile. Ho
impiegato circa un mese e mezzo per capire la differenza tra “a” “e” “æ”. Solo il dire “mi chiamo
Nicola”, in danese “jeg hedder Nicola” risultava complicato dato che la “d” è pronunciata come una
elle con la lingua tra i denti. Un giorno a scuola durante la pausa pranzo dissi ai miei compagni di
classe che la sera prima avevo preparato per la mia famiglia ospitante il pollo con le mandorle, in
danese “kylling med mandler”. Preciso che la “y” è simile quanto a suono alla “y” greca. Io, ancora
poco abituato al danese, pronunciai “killing” con la “i” italiana che significa “gattino”. Mi resi
conto solo dopo aver visto l’espressione confusa dei miei compagni di classe di aver detto “gattino
con le mandorle”. Scena alquanto imbarazzante per me, ma esilarante per loro. È spesso sono
proprio queste vicende quelle che si ricordano meglio.

Tra i compiti di uno studente di scambio infatti può esserci anche quello di preparare
settimanalmente la cena per tutta la famiglia ospitante.

Immediato il binomio “Italia-buon cibo” all’estero. Per questo mi sono spesso cimentato nella
preparazione di piatti tipici italiani tra cui gli gnocchi fatti in casa, il polpettone alla fiorentina, la pasta al ragù e una crostata. Nonostante mi mancasse la nostra buona cucina ho scoperto alcuni
piatti danesi sia dolci che salati alquanto buoni. Le “æbleskiver” ovvero dei bignè di frittella
mangiati con zucchero a velo e marmellata che avevo comprato anche ai mercatini di Natale di
Copenaghen. Il flæskesteg, carne di maiale cotta in forno dalla crosta croccante, anatra arrosto da
mangiare la sera del 10 novembre (Mortens aften) e le “brune kartofler” patate lessate e glassate con
zucchero e burro.

Trascorrere tre mesi in Danimarca insegna a imparare a convivere con un tempo meteorologico
piuttosto imprevedibile. Camminando per la mia città mi accorgevo più volte di come i danesi
sembravano non curarsi più di tanto del tipo di clima. In Italia in caso di pioggia o vento si vedrebbe
invece ogni singola persona coprirsi e mettersi al riparo anche da poche gocce. Ricordo i tragitti in
bici per tornare a casa completamente bagnato dalla testa ai piedi, fatto al quale ci si abitua tutto
sommato.

Uno degli aspetti che più apprezzo della Danimarca è sicuramente il concetto di “hygge”.
Intraducibile in altre lingue, è pienamente comprensibile solo da chi l’ha veramente provato. Può
essere considerato come una giornata o serata trascorse con gli amici o la famiglia e più in generale
come un’atmosfera comoda e rilassante.

Mi ritengo fortunato anche di aver avuto la possibilità di trascorre con i miei compagni di classe due
giorni di scambio con una classe tedesca nel nord della Germania, precisamente a Schleswig
(Slesvig in danese) in una regione bilingue ex territorio della Corona di Danimarca. Sarei, dunque,
capitato in una famiglia nella quale le lingue parlate erano tedesco che non conosco e danese che
stavo cercando di imparare, piuttosto interessante e particolare… Alla fine l’esperienza si è rivelata
fantastica sotto tutti i punti di vista. Ho conosciuto studenti tedeschi, ma di cultura danese, ho avuto
la possibilità di lavorare a un progetto a stretto contatto con loro e di vedere e frequentare, anche se
solo per due giorni, una scuola dall’architettura a dir poco straordinaria.

In questo piccolo reportage nel quale avrei ancora molte cose da aggiungere vorrei però dedicare
anche una parte alla scoperta delle bellezze meno conosciute della Danimarca.

Tralasciando, non per importanza, Copenaghen mi concentrerò principalmente sulla regione dello
Jylland (o Jutland) dove ho infatti vissuto per questi tre mesi da poco passati.

In primo luogo consiglio se ci si trova nelle vicinanze di Vejle una visita al suo porto con il
lussuoso complesso residenziale “The Wave” Bølger in danese (onde) che si affaccia direttamente
sulle acque del Vejle fjord (fiordo). Imperdibili sono anche i paesaggi che si possono ammirare
spostandosi al di fuori della città sempre attorno al fiordo.

 

The Wave Residence (Bølger in danese)

Porto di Vejle

Porzione centrale del parco dell’ hotel Vejlefjord

Faro sul fiordo

 

A quindici minuti di treno dalla città si trova Jelling, una cittadella di piccole dimensioni che ospita due pietre runiche patrimonio dell’UNESCO. Una venne commissionata dal sovrano Gorm Den Gamle (il vecchio) e dedicata a sua moglie Thyra, la seconda fu voluta da Harald Blåtand( Aroldo I Dente Azzurro) in ricordo dei genitori.

 

Le pietre runiche di jelling

A quarantacinque minuti di treno da Vejle si trova Brande, parte del comune (kommune) di Ikast-
Brande. Da alcuni anni il centro della cittadina ospita in estate il festival internazionale della “Street
art” con graffiti rappresentati per terra che resistono anche durante l’inverno nonostante le
intemperie.

Graffiti della “street art”

Poco più a sud del ponte del “Lille Bælt” (tra Jylland e l’isola di Fyn) si trova Kolding, centro di
circa 80 mila abitanti con il suo caratteristico centro storico e la Koldinghus (casa di Kolding), un
castello del XIII secolo. Nel XIX secolo fu devastato da un incendio, ma negli ultimi anni del ‘900
venne restaurato. Le porzioni ormai distrutte non furono ricostruite in mattoni a vista, ma realizzate
con altri materiali proprio per rendere il distacco dalla parte originale. All’interno una serie di pali il
legno che si aprono ad albero per sostenere i gracili soffitti e pareti e un lungo percorso di scale e
passerelle sopraelevate sembrano districarsi tra le murature rimanenti e creare con il resto un
magnifico e nuovo ambiente sicuramente ben valorizzato.

Koldinghus

Sicuramente più conosciuta è la cittadina di Skagen, sulla punta della Danimarca, (si legge /skeien/)
famosa sin dall’Ottocento per la sua particolare luce naturale e abbondanza di paesaggi in plein aire
dai pittori che ne fecero il perfetto sfondo per i lori dipinti. Den Tilsandede Kirke è una chiesa quasi
interamente ricoperta di sabbia della quale ora è visitabile solo la torre, l’unica porzione in
superficie. Il Grenen è l’istmo che separa il Mare del Nord e il Mar Baltico.

L’istmo di Grenen dove i mari del Nord e di Danimarca si uniscono

“Den Tilsandede Kirke” la chiesa sotterrata dalla sabbia

Tutta la Danimarca si presta a lunghe passeggiate tra colline, campi e piccole foreste. Basta avere
quella capacità di essere curiosi e di non dimenticare mai di meravigliarsi sempre per scoprire ciò
che questo paese ha da offrire.

Paesaggi danesi

 

 

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