Ciò che reale è…(?)

Il celebre detective Sherlcock Holmes soleva dire: “Una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile sia, deve essere senz’altro la verità…”. In questa puntata “pasquale”, quindi, diamo completamente spazio ad alcuni racconti gialli e horror – tra l’altro, molto molto belli! – scritti da 4 nostri alunni di 2 media.

Buona lettura…provando a scoprire, per primi, la verità…

 

Il giovane Enrico

Una sera un giovane di nome Enrico decise di andare a casa di due suoi nuovi amici, uno di nome Giovanni e l’altro Stefano; i suoi amici gli offrirono un caffè poi, facendo due chiacchiere, decisero di andare a prendere un gelato. Per la strada incontrarono una macchina della polizia e all’improvviso Giovanni e Stefano entrarono in un bar e andarono a bere qualcosa; mentre bevevano, Enrico chiese loro che lavoro facevano, però essi cambiarono subito discorso. Dopo una certa ora Enrico venne accompagnato a casa dai suoi due amici: l’uomo, dopo averli salutati, come sua abitudine andò a salutare la sua vicina di casa, che si chiamava Sara e che era una ragazza molto bella e molto ricca. Nei giorni seguenti Enrico si incontrò spesso con i due amici facendo delle cene a casa sua. Una sera in particolare, quando la cena era ormai finita e gli amici se ne erano andati via, si mise a riordinare la cucina, ma ad un certo punto sentì dei rumori provenienti dall’appartamento di Sara e quindi andò a vedere. Arrivato davanti alla porta, vide che era aperta: tutta la casa appariva in disordine e la cassaforte era aperta. Sara non c’era. Era molto preoccupato e chiamò i Carabinieri, che gli fecero delle domande a cui lui rispose, ma alla domanda se avesse visto qualcuno in giro per il condominio, lui rispose di no. Enrico cercò di riprendere la sua vita normale, però sempre con il pensiero di cosa fosse successo a Sara. Dopo una decina di giorni rivide Giovanni e Stefano con macchinone e vestiti firmati. Il giovane allora si insospettì e avvisò i Carabinieri. I Carabinieri dopo dieci giorni chiamarono Enrico in caserma dicendogli che avevano arrestato Giovanni e Stefano perché, dopo averli seguiti, avevano scoperto che i due delinquenti avevano rapito Sara e l’avevano nascosta in un magazzino. Inoltre avevano usato Enrico come scusa per avvicinarsi a lei, continuando a chiedere soldi ai genitori della ragazza per il rilascio. I Carabinieri lo portarono nell’ufficio di fianco dove rivide Sara e, dopo un lungo abbraccio, tornarono a casa insieme.

(Rebecca Reghenzi)

 

Il caso del Vicolo 39

Il signor Carlo era un detective di grande fama, ma in quel periodo di crimini non se ne vedeva l’ombra, quindi il suo portafoglio se la passava male. Dopo settimane in attesa di qualche caso arrivò una lettera dalla sua associazione dove c’era scritto che nel vicolo 39 della città confinante c’era stato un omicidio. La vittima era la signora Olga, una settantasettenne trovata morta nello scantinato del vicino di casa: pare fosse stata accoltellata un paio di notti prima, perché il sangue delle ferite non era ancora del tutto secco. Dal racconto del marito sconvolto il primo ad accorgersi era stato il proprietario del negozio accanto che scaricando le casse di stoffe dal camion vide del sangue sulla porta. Ovviamente tutte le persone coinvolte erano sospettate. Carlo tornò a casa e si mise a ragionare. Sapeva che il proprietario dello scantinato aveva giurato di non sapere nulla e difatti durante l’ispezione della casa non era stato trovato nessun coltello con del sangue o comunque nessuna traccia o indizio sospettoso. Dopo un paio d’ore non trovando nulla e continuando a brancolare nel buio, decisero di andare a casa del marito e iniziarono le indagini. Nella casa l’unico oggetto un po’ sospettoso era uno straccio con delle macchie rosse trovato in cortile, ma il marito disse che l’aveva usato per asciugare il barattolo della vernice che aveva usato per pitturare un vaso. Tuttavia per Carlo un’analisi era meglio farla, così mandò l’oggetto nel laboratorio, ma non risultò nessuna traccia di sangue. Non trovando nulla, andarono a far domande in tutto il vicolo, ma nessuno disse nulla. Allora passarono alla fase successiva che consisteva nel far passare tutte le case, anche se gli abitanti non volevano, ma anche così non saltò fuori nessun indizio. L’ultimo posto dove andare era il negozio del proprietario, ma anche lui ovviamente negò di aver commesso il crimine. Carlo si diede da fare e alla fine gli venne in mente un’ipotesi.  Andò a consultarsi con gli altri detective e disse quello che aveva pensato: il proprietario del negozio aveva visto sangue sulla porta e difatti quando entrarono nello scantinato c’era del sangue, ma non era sulla parete esterna della porta bensì in quella interna, quindi anche lui era coinvolto nell’assassinio. La mattina seguente andò nel negozio e gli chiese con tono pacato dove aveva quelle casse di stoffe che proprio quel giorno stava scaricando e preso dal panico andò al piano di sopra e gliele mostrò. Nel rovistare fra le stoffe trovarono il coltello pieno di sangue e chiamarono subito la polizia. L’assassino venne arrestato e durante l’interrogatorio saltò fuori il motivo per cui l’aveva commesso. Le parole che uscirono dalla sua bocca non erano molto chiare, ma l’aveva fatto perché la signora Olga ogni volta che entrava nel negozio cercava di truffarlo dicendo che la stoffa e i materiali che vendeva erano di pessima qualità, così ogni volta era costretto ad abbassarle il prezzo e i guadagni si erano ridotti rapidamente.

(Maria Alghisi)

 

La bambola

Mancavano tre giorni al compleanno di Alice, desideravo farle un regalo speciale, che la rendesse felice.

Mi recai al Toys e dopo varie ricerche, vidi una bambola che era perfetta per lei. La commessa mi spiegò che era una “ripetella”, quindi avrebbe ripetuto tutto quello che sentiva. Mi feci fare un pacco regalo e la portai a casa di Alice nascondendola. La sera dopo, mia zia mi chiamò spaventata e turbata e mi disse che il pacco regalo aveva delle macchie rosse. Corsi a vedere cosa era successo e decidemmo di aprire il pacco, restammo attonite, scioccate……

La bambola piange sangue! Pensai subito che fosse giusto riportarla in negozio, ma visto l’orario rimandammo al giorno dopo. Dopo una notte insonne, arrivata la mattina, chiamai la zia, ma non ebbi risposta… Così, corsi a casa sua e vidi del sangue colare dalle scale d’ingresso. Entrai e mi ritrovai di fronte decine e decine di bambole uguali, insanguinate che ripetevano……

FAMEEEEEEEEE !  FAMEEEEEEE ! FAMEEEEEEE !

E da lì capì subito che era successo qualcosa di spaventoso.

(Virginia Frassine)

 

La stanza 1313

Era una notte buia e tempestosa e due amici, Harry e Tom, si erano persi in un quartiere misterioso di Notturn Halley, senza neanche un ombrello con cui ripararsi. Un freddo tremendo. Vagabondarono per parecchie ore e la fame cominciava a farsi sentire; riuscirono a trovare una fattoria abbandonata, dove speravano di ripararsi. Entrarono nella fattoria nonostante avesse un aspetto sinistro e con sorpresa trovarono vicino alla porta molte uova e del latte. Mangiarono volentieri e si riposarono. Nonostante fossero già passate due ore da quando erano arrivati, diluviava ancora e non sapendo più cosa fare per passare il tempo decisero di esplorare la fattoria. Scoprirono che il posto dove si erano riposati era solo il gigantesco ed oscuro ingresso. In cucina trovarono due torce e così grazie alla luce scoprirono che tutti i mobili erano rifiniti con oro e argento. Lo stesso era per il soggiorno e per tutte le stanze della fattoria. I due amici supponevano che l’esterno della casa non fosse altro che un trucco per nascondere tutta la ricchezza che conteneva. Conclusero che non c’era una sola stanza che conteneva un solo oggetto che valesse meno di 100€.

Salirono le preziose scale, corrimano d’oro massiccio e scalini in argento, e al piano superiore trovarono una ricchezza ancora maggiore: perfino il gabinetto era di oro puro! C’era una sola cosa che stonava: una piccola porta di legno con i cardini arrugginiti. I due ragazzi decisero che quella sarebbe stata l’ultima stanza che avrebbero esplorato dato che era la più povera. Dopo ore e ore di esplorazione si erano quasi dimenticati della piccola porta. Dopo un po’ si stufarono di tutto il brilluccichio e fu allora che Tom, spesso attratto dalle cose misteriose, si ricordò della porta di legno. Harry era concorde sul fatto che dovessero almeno dare un’occhiata, prima di cercare il modo di tornare a casa. Salirono le ricche scale e videro la porta. Ma questa volta videro una scritta che prima non avevano notato. Aveva un aspetto sinistro e il colore del sangue:

LA STANZA 1313

I due amici erano spaventati, pensavano a chi avesse potuto scrivere con il sangue, ma Tom, spinto dalla sua attrazione per le cose misteriose, aprì la porta ed entrò. Harry, vedendo che non succedeva niente, lo seguì. Nella stanza non trovarono niente di interessante, c’era solo un letto tutto scassato, che stonava completamente con l’arredo del resto della fattoria. Però sul letto trovarono due anelli stupendi e decisero di portarli a casa. Li indossarono, ma dopo qualche secondo ebbero una strana sensazione. Si guardarono, ma non riconobbero il volto dell’amico. Videro invece degli occhi iniettati di sangue, zanne che crescevano a vista d’occhio e artigli lunghi dieci centimetri. Sentirono improvvisamente una sete insaziabile.

(Andrea Parolini)

 

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